I posti di guardia nella cinta si chiamavano barriere, e per la maggior parte erano attrezzati con edifici (uffici daziari).

In linea generale una barriera era composta di uno o due edifici fiancheggianti la via d’accesso; fra essi poteva esser posta una cancellata movibile. In questi edifici, nei tempi passati, trovavano posto anche i corpi di guardia destinati alla sorveglianza dell’accesso, mentre in prosieguo di tempo si conservarono le barriere soltanto ai passaggi della cinta daziaria. Per rispondere a questo scopo, l’utilizzazione degli edifici facenti parte della barriera diventava un po’ diversa. Infatti se era sempre necessario un piccolo corpo di guardia, una eguale importanza assumevano i locali destinati agli uffici, alla visita, alla pesatura, alla direzione, senza tener conto dei locali accessorî. In Italia, abolito con l’aprile 1930 il dazio consumo, anche le barriere daziarie hanno perduto, naturalmente, ogni ragion d’essere.
Le più importanti tasse dovute erano: il dazio consumo, la tassa di famiglia (detta anche focatico), la tassa bestiame, la tassa esercizi e rivendite e, a partire dal 1911, la tassa sul valore locativo.
Il dazio consumo veniva pagato all’ingresso delle merci in città: ad ognuna delle quattro porte c’era una barriera daziaria, presso la quale si trovava l’ufficio del dazio, con il ricevitore o la guardia. Le guardie erano incaricate anche del servizio di sorveglianza lungo tutto il perimetro della rupe cittadina, per evitare che si introducessero all’interno merci di contrabbando.
Alle barriere daziarie di notte venivano chiusi i cancelli: chi avesse voluto passare doveva suonare un campanello per chiedere di entrare. Questo sistema, detto del “dazio a Comune chiuso”, oggi inimmaginabile, fu abolito poco prima della seconda guerra mondiale, ma già all’inizio del secolo era considerato dai progressisti un residuo medievale. Oltre agli ostacoli materiali che creava, come le soste alla “pesa” per il conteggio della tassa, aveva il difetto di colpire anche generi minuti, introdotti in città da gente veramente povera. Avveniva spesso che coloro che andavano fuori delle mura per procurarsi una bracciata di legna o un fascetto d’erba, al ritorno non avevano i centesimi necessari per pagare il dazio: se non volevano abbandonare il carico, venivano costretti a lasciare alla barriera un oggetto in pegno (una sciarpa, un coltello) che avrebbero potuto ritirare a pagamento avvenuto. Il risultato era che nell’ufficio del daziere si andavano ammassando tutti gli oggetti che non venivano più riscattati, e che non si sa dove poi andassero a finire. Altre volte, introducendo legna grossa, se non si aveva di che pagare, il daziere poteva sequestrare un pezzo di legno a sua discrezione. Insomma, di regola era bene essere amici dei dazieri e trovarli di buon umore . Nella quota del dazio era compresa un’imposta governativa, che il Comune versava allo Stato (2,15%).
La tassa di famiglia veniva stabilita secondo una tabella comprendente un certo numero di classi nelle quali venivano iscritti i cittadini. In genere si seguiva un metodo più o meno proporzionale.
La tassa bestiame veniva applicata su tutti gli animali da stalla.

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I ringraziamenti  come sempre ai componenti del gruppo NOI CHE A TERNI in particolar modo a Stefania Maria Fontana per la ricerca ed i contributi fotografici

author: f.ch